Italia, paese complesso ma affascinante per l’Europa

Catullo, il grande poeta latino del 1° secolo a. C., scrisse un famosissimo epigramma dal titolo Odi et amo (ti odio e ti amo) in cui esprimeva all’amata i suoi contrastanti sentimenti. Questi sembrano anche essere i sentimenti che i partner europei nutrono nei confronti dell’Italia, paese che nonostante i suoi antichi ed irrisolti problemi attira irresistibilmente per la sua arte, la sua cultura, la sua natura e le sue straordinarie potenzialità economiche finora non pienamente espresse (quest’ultimo aspetto è però anche il motivo per cui il nostro paese viene temuto dagli altri big europei, spesso inclini ad intromettersi negli affari e nelle vicende politiche nazionali).

L’Italia è uno dei Paesi fondatori della CEE, fa parte del G7 e della Nato e rappresenta, nell’Europa a 27 post-Brexit la terza nazione per numero di abitanti, oltre 62 milioni, dopo Germania e Francia.

Dal punto di vista strategico vanta inoltre una straordinaria posizione geografica, al centro del Mediterraneo e protesa verso le coste dell’Africa.

La sua economia di trasformazione si basa prevalentemente sulla vivacità di un elevatissimo numero di imprese con meno di 15 addetti che rappresentano circa il 97% delle aziende italiane nel loro complesso (oltre 4 milioni ), fatto che permette all’Italia di essere la seconda economia manifatturiera in Europa dopo quella tedesca.

Il nostro Paese ha un PIL che ammonta a circa € 1.700 mld, con un debito pubblico di circa € 2.270 mld (circa il 133% del suo PIL annuo ). La durata media dei titoli del suo debito pubblico è di circa 7,8 anni ed il suo attuale costo di mantenimento sta permettendo al nostro paese di trarre evidenti benefici, grazie all’attuale politica di tassi molto bassi esercitata dalla BCE. L’Italia è quindi un Paese molto indebitato, ma gli Italiani sono un popolo considerato ricco nel suo complesso, secondo le statistiche internazionali.

La ricchezza privata delle famiglie italiane si aggira sui € 9.000 mld, di cui circa € 5.000 mld costituiti da immobili (oltre l’80% degli italiani abita in una casa di proprietà ), mentre circa € 4.000 mld sono costituiti da liquidità e investimenti mobiliari.

L’attitudine al risparmio “spontaneo” delle famiglie italiane è atavica e permane quasi integra tra le persone con almeno 60-65 anni di età, figli di genitori che hanno vissuto il dramma e le ristrettezze della Seconda Guerra Mondiale e successivamente il miracolo economico degli anni ‘60.

Se analizziamo la composizione dei circa € 4.000 mld di liquidità e investimenti mobiliari detenuti dagli italiani, vediamo che circa € 900 mld sono costituiti da depositi bancari (in Italia sono protetti dal rischio di bail-in delle banche depositarie i saldi pro-capite fino a € 100.000, mentre in Germania tale soglia si riduce a € 30.000). Altri € 1.970 mld sono costituiti da risparmio gestito, mentre i residui € 1.100 mld circa sono suddivisi tra titoli di Stato, obbligazioni ed azioni.

L’Italia è quindi come Giano, la divinità romana bifronte: stato povero, ma in media cittadini ricchi. In questa situazione il sistema bancario nazionale sta vivendo una fase delicata, caratterizzata dall’esigenza di fare fronte a elevate sofferenze (NPL, ovvero crediti non performanti) per rafforzare i suoi coefficienti patrimoniali, dalla necessità di ripensare al proprio modello di business investendo ad esempio nel FinTech e riducendo contemporaneamente il numero di dipendenti e di filiali.

Volendo ridare slancio all’economia ed ai consumi, come è possibile da parte dell’Italia trasformare il risparmio (in fase comunque di riduzione a causa del numero elevato di giovani disoccupati che restano a lungo economicamente a carico delle famiglie di provenienza ) in investimenti, dati i limitati capitali a disposizione dello Stato e delle banche? Una potenza manifatturiera come l’Italia, senza capacità finanziaria, ha necessità di trovare soluzioni in tale senso, altrimenti è destinata a diventare sempre più vulnerabile e quindi a rischiare di essere fagocitata dai paesi vicini, spesso più strutturati ed in migliori condizioni finanziarie, avendo già agganciato la ripresa economica europea.

Lo Stato, consapevole del fatto che la Borsa Italiana non rappresenta di per sé uno strumento sufficiente, ha individuato due strumenti: le SPAC e i PIR.

Le SPAC (Special Purpose Acquisition Company) sono veicoli finanziari introdotti nel 2011 e raccolgono capitali di investitori professionisti destinati a favorire la quotazione in borsa di imprese italiane prevalentemente di medie dimensioni. Con una raccolta finora di circa € 1,2 mld le SPAC hanno portato alla quotazione in Borsa importanti eccellenze della realtà industriale del nostro Paese.

I PIR (Piani Individuali di Risparmio) sono invece strumenti destinati alla vasta platea retail e sono stati introdotti nel 2017. I PIR consentono ai privati residenti in Italia di investire attraverso le SGR (Società di Gestione del Risparmio) in medie aziende appartenenti prevalentemente al tessuto economico nazionale, settore altrimenti non direttamente raggiungibile dagli investitori privati retail.

Per diffondere tale strumento sono stati previsti importanti benefici fiscali che il mercato ha accolto favorevolmente, con una raccolta che per il 2017 si stima arriverà a circa €. 10 mld.

Naturalmente per rivivacizzare il tessuto economico nazionale altre iniziative dovrebbero essere intraprese, anche nell’ambito di una maggiore diffusione dell’educazione finanziaria che purtroppo la scuola pubblica ancora non riesce ad erogare.

Il D.L. 23/12/2016 n. 237, convertito in legge nel Febbraio 2017, prevede una strategia nazionale per la diffusione dell’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale attraverso lo stanziamento nel corrente anno dell’importo di €. 1 mln! Lo stanziamento in questi termini appare ridicolmente insufficiente e probabilmente sarebbe più efficace per la stessa cifra ricorrere ad interventi mirati sulle reti televisive statali, affidati a brillanti divulgatori, quali ad esempio Piero Angela, giornalista molto noto grazie alle serie di Quark.

Tuttavia, come è noto, qualunque viaggio inizia con un primo passo.

Negli anni ’60 Alberto Manzi, con la sua trasmissione televisiva Non è mai troppo tardi contribuì fortemente all’alfabetizzazione degli italiani dimostrandosi un antesignano.

In conclusione, è necessario percorrere nuove vie, come si sta cercando di fare, perché i binomi industria-finanza e risparmio-investimenti possano contribuire a fare ripartire l’economia italiana.

Se così non avvenisse in tempi ragionevolmente, altri Paesi ed altri attori, già molto attivi in Italia nei settori del lusso, alimentare, finanziario e del credito, finiranno per ottenere posizioni ancor più preminenti di quanto già non siano nella nostra economia, che ancora appare vitale e importante anche a livello internazionale.

La parabola dei Talenti nel Vangelo di Matteo rappresenta in tale senso un importante monito che l’Italia e la sua classe politica hanno il dovere di ricordare bene.