Politica e finanza sono mondi diversi che necessariamente devono giornalmente confrontarsi, spesso senza riuscire a comprendersi a causa dell’utilizzo di lingue differenti. La varietà e la complessità delle politiche adottate dai singoli governi, talvolta confuse o in contrasto le une con le altre si scontrano con gli enormi ed invasivi interessi che la finanza sa muovere rapidamente e su scala planetaria.
Con riferimento ad una immagine sportiva politica e finanza sono come due ciclisti che procedono nel loro percorso, alternandosi periodicamente al comando. Per entrambi il dialogo e la coesione sono certamente fondamentali per procedere con successo nella giusta direzione.
Nel corso del 2016 i governatori delle più importanti banche centrali (FED, BCE e BOJ) erano al centro dell’attenzione non solo dei mercati finanziari internazionali, ma anche della politica mondiale in considerazione della riconosciuta rilevanza delle loro decisioni in ambito monetario e finanziario, ma anche per il fatto che i leader di molti paesi membri del G7 stavano concludendo tra il 2016 e il 2017 il loro mandato e quindi non erano più in grado di prendere decisioni che potessero impegnare i loro paesi per gli anni futuri.
Lo scorso anno i governatori delle banche centrali hanno quindi svolto, ove possibile, limitatamente ai loro ambiti e più o meno volontariamente, un ruolo di natura “suppletiva” che pare ormai questo anno essersi esaurito. Infatti a partire dagli ultimi mesi del 2016 sono arrivati nuovi leader come Trump, May, Gentiloni e Macron, per restare ai soli membri del G7, con nuove visioni, mentre il vincitore delle prossime elezioni in Germania nel settembre 2017 (Merkel?) dovrà necessariamente adottare altre strategie rispetto a quelle utilizzate nel recente passato per affrontare con pragmatismo le nuove sfide che attendono il suo paese e la UE, a partire da un’efficace negoziazione con Londra sulla Brexit.
Consapevole del forte legame tra politica e finanza, il governatore della BCE Draghi, nominato nel lontano 2011, in ogni occasione ha espresso la necessità che l’applicazione delle politiche monetarie da parte della BCE debba procedere di pari passo con coordinate riforme di carattere istituzionale, strutturale e fiscale da parte dei paesi dell’area euro. Dal suo insediamento Draghi infatti ha tenuto oltre 50 conferenze stampa di aggiornamento sulle politiche monetarie decise dalla BCE ed in quasi tutte queste occasioni ha invocato in ambito UE quelle riforme che sono necessarie per fare progredire il progetto di un’Europa unita.
Ora, dopo una serie di importanti eventi politici internazionali avvenuti nel corso del primo semestre 2017, ultimi dei quali le elezioni politiche nel Regno Unito e quelle legislative in Francia, sembra davvero venuto il momento che la politica riprenda il sopravvento sulla finanza.
In sostanza ai nuovi leader europei spetta riprendere il dialogo per realizzare insieme un futuro comune, forse partendo inizialmente da un gruppo di paesi che hanno sviluppato in questi anni un maggiore integrazione tra loro. A 100 anni dalla rivoluzione russa del 1917 e dopo 60 anni dal Trattato di Roma del 1957 che ha istituito la CEE, è venuto il momento per l’Europa di un colpo d’ala che apra nuovi orizzonti.
Questa potrebbe essere la vera sorpresa del 2017, ma solo i fatti lo potranno confermare.